REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE QUARTA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. BIANCHI Luisa – Presidente –
Dott. VITELLI CASELLA Luca – Consigliere –
Dott. DOVERE Salvatore – Consigliere –
Dott. MONTAGNI Andrea – Consigliere –
Dott. DELL’UTRI Marc – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
P.G. N. IL (Omissis); T.G. N. IL (Omissis);
avverso la sentenza n. 1504/2011 CORTE APPELLO di ANCONA, del 05/06/2012;
visti gli atti, la sentenza e il ricorso;
udita in PUBBLICA UDIENZA del 28/03/2013 la relazione fatta dal Consigliere Dott. MARCO DELL’UTRI;
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. F. M. Iacoviello, che ha concluso per, il rigetto del ricorso;
Udito il difensore Avv. P.F. (Ndr: testo originale non comprensibile) del foro di Pesaro che ha concluso per l’accoglimento del motivo di ricorso.
Fatto
1. – Con sentenza resa in data 8/15.2.2011, il tribunale di Pesaro, sezione distaccata di Fano, ha condannato P.G. e T.G., unitamente a R.D., alla pena di un mese e dieci giorni di reclusione ciascuno, in relazione al reato di lesioni colpose gravi commesso, con violazione delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro, in data (Omissis), ai danni di A.A., socio lavoratore di una società coinvolta nei lavori aperti all’interno di un cantiere edile sito in (Omissis), per avere gli imputati colpevolmente omesso di compiere le azioni dagli stessi dovute al fine di impedire l’evento lesivo nelle rispettive qualità, il P., di coordinatore per la sicurezza in fase di esecuzione dei lavori nel citato cantiere, e di direttore di lavori per la parte strutturale e impiantistica, e il T., di legale responsabile della TA.MI.BA. s.r.l., società committente delle opere de quibus.
In particolare, al P. era stato contestato di non aver verificato, con opportune azioni di coordinamento e di controllo, in violazione del D.Lgs. n. 494 del 1996, art. 5, comma 1, l’applicazione, da parte delle imprese esecutrici, delle disposizioni loro pertinenti contenute nel piano di sicurezza coordinamento (PSC) e dei piani operativi di sicurezza (POS) predisposti dalle imprese esecutrici, non effettuando, nella duplice qualità richiamata, le necessarie riunioni e i sopralluoghi, e omettendo di vigilare sulla corretta gestione del cantiere, consentendo in particolare l’esecuzione dei lavori nel vano ascensore all’interno del quale si era verificato l’infortunio de quo, in occasione del quale l’ A. era precipitato, da un’altezza superiore a due metri, da un precario piano di calpestio allestito sul montante orizzontale della struttura in ferro del ridetto vano ascensore.
A sua volta, al T., era stato contestato di non aver verificato l’applicazione, da parte delle imprese esecutrici, delle disposizioni loro impartite e contenute nel piano di sicurezza e coordinamento (D.Lgs. n. 494 del 1996, art. 6, comma 2).
Con sentenza in data 5.6.2012, la corte d’appello di Ancona, in parziale riforma della richiamata sentenza del tribunale pesarese, ha concesso a T.G. la sospensione condizionale della pena e a P.G. la non menzione della condanna nel certificato penale, disponendo, nel resto, l’integrale conferma della sentenza di primo grado.
Avverso la sentenza d’appello, a mezzo del comune difensore, hanno proposto ricorso per cassazione P.G. e T.G. sulla base di tre motivi di impugnazione.
2.1. – Con il primo motivo, in relazione alla posizione di P. G., il ricorrente censura la sentenza impugnata per violazione di legge in relazione al D.Lgs. n. 494 del 1996, art. 5, comma 1, lett. a), oltrechè difetto di contestazione ex artt. 521 e 522 c.p.p..
In particolare, si duole il ricorrente della contraddittorietà della sentenza impugnata nella parte in cui, da un lato, giudica “non condivisibile” l’addebito rivolto al P. in ordine alla presunta vaghezza delle disposizioni contenute nel piano operativo di sicurezza e, dall’altro, ritiene infondata l’impugnazione della sentenza di primo grado nella parte in cui investe la statuizione di responsabilità degli imputati. Sotto altro profilo, secondo la prospettazione del ricorrente, la sentenza impugnata incorre in evidenti distorsioni e/o forzature logico – giuridiche in relazione all’applicazione del D.Lgs. n. 494 del 1996, art. 5, comma 1, lett. a), da un lato erroneamente affermando la spettanza, in capo al coordinatore per la sicurezza, di poteri a contenuto impeditivo (in evidente violazione del principio di correlazione tra accusa e sentenza) e, dall’altro, in contrasto con la lettera della norma richiamata, non riconosce il positivo contenimento delle responsabilità del coordinatore per la sicurezza nell’assolvimento di compiti di reciproca informazione tra più imprese simultaneamente operanti in un medesimo cantiere, con particolare riguardo alle situazioni di potenziale pericolo emergenti in caso di interferenze operative tra loro: interferenze nella specie del tutto inesistenti, atteso che l’infortunio occorso a carico dell’ A. era avvenuto nell’ambito di un’attività organizzata ed eseguita in via esclusiva dall’unica impresa, la F.D.A. Costruzioni, di cui lo stesso A. è socio lavoratore.
2.2. – Con il secondo motivo, sempre con riguardo alla posizione di P.G., il ricorrente censura la sentenza impugnata per violazione di legge e vizio di motivazione in relazione al D.Lgs. n. 494 del 1996, art. 5.
Sul punto, il ricorrente si duole che la corte territoriale abbia riconosciuto, in capo al P., una posizione di garanzia “diretta” a tutela dell’incolumità dei “singoli” lavoratori e non già, in conformità al dettato legislativo, nei confronti delle imprese esecutori e dei lavoratori autonomi in quanto parte della complessa organizzazione del cantiere, dovendo ricondursi la tutela del singolo lavoratore all’ambito dei doveri di sorveglianza e di controllo diretto del proprio datore di lavoro, se dipendente di un’impresa, ovvero di se stesso, in caso di lavoratore autonomo, senza alcuna confusione operativa tra le figure del coordinatore per l’esecuzione dei lavori e il datore di lavoro.
In particolare, anche in conformità all’insegnamento della giurisprudenza di legittimità formatasi sul punto, il ricorrente censura la sentenza impugnata per aver ascritto al coordinatore per la sicurezza compiti che allo stesso non spettano, quale quello consistente in un puntuale controllo, momento per momento, delle singole attività lavorative, e non già quello, configurabile su un diverso piano, avente a oggetto la generale configurazione delle lavorazioni.
Nella specie, peraltro, anche i poteri interdittivi, dalla corte territoriale richiamati come spettanti alla responsabilità del coordinatore, avrebbero potuto essere esercitati dal P. esclusivamente in costanza di presupposti, nell’occasione de qua del tutto assenti, quali la sussistenza di un pericolo grave e imminente e in relazione a una situazione di fatto direttamente riscontrata.
Sotto altro profilo, la corte territoriale ha omesso di prendere nella dovuta considerazione la circostanza che il piano realizzato all’interno del vano ascensore dal quale l’ A. era precipitato, era stato predisposto proprio da quest’ultimo due o tre giorni prima dell’infortunio con modalità del tutto difformi rispetto alle indicazioni del piano di sicurezza e coordinamento, con la conseguenza che tale fatto (del tutto estraneo alla “generale configurazione delle lavorazioni” quale parte integrante dei doveri di vigilanza del coordinatore) avrebbe dovuto essere riguardata, dai giudici del merito, quale circostanza di carattere istantaneo e occasionale, dovuta all’imprudente comportamento e agli errori di valutazione compiuti dal medesimo lavoratore infortunato, tenuto altresì conto della dimostrata presenza assidua e costante del P. sul cantiere, come attestato dalle dichiarazioni rese dallo stesso infortunato in sede d’indagini preliminari.
2.3. – Con il terzo motivo, in relazione alla posizione di T. G., il ricorrente censura la sentenza impugnata per violazione di legge in relazione al D.Lgs. n. 494 del 1996, art. 6, comma 2, e all’art. 5, comma 1, lett. a).
In particolare, il ricorrente si duole che la corte d’appello abbia solo genericamente individuato gli obblighi pretesamente violati dal committente nelle lavorazioni eseguite nel cantiere de quo, senza tener conto dell’ambito entro il quale le responsabilità di controllo del committente possono ritenersi legislativamente rilevanti, nella specie coincidenti con la generale configurazione delle prescrizioni di sicurezza, e non già con la singola contingente situazione di rischio, nell’occasione immediatamente inerenti i rischi specifici delle imprese appaltatrici o dei singoli lavoratori autonomi, in conformità all’insegnamento sul punto dettato dalla giurisprudenza di legittimità.
Diritto
3.1. – I primi due motivi di ricorso (congiuntamente esaminabili in ragione dell’intima connessione delle questioni dedotte) sono infondati.
Dev’essere preliminarmente disattesa la censura di contraddittorietà sollevata dal ricorrente nelle premesse del primo motivo di ricorso, avendo la corte territoriale espressamente sottolineato, senza alcuna incertezza, il carattere incontestabile della violazione, da parte del P., delle prescrizioni sullo stesso incombenti a tutela del lavoratore nella specie infortunato, nessuna incidenza potendo riconoscersi, rispetto a tale rilievo, al passaggio contenuto nella motivazione della sentenza impugnata laddove, pur non condividendo (“almeno nella sua assolutezza”) l’accusa di “vaghezza” delle disposizioni contenute nel piano operativo per la sicurezza, ribadisce come la circostanza che l’imputato fosse a conoscenza della realizzazione degli impalcati nel vano ascensore avrebbe dovuto in ogni caso indurlo a verificare la corretta esecuzione dei piani di lavoro, da parte del lavoratore infortunato, senza delegare a quest’ultimo ogni incombente riferibile al controllo della verifica della loro realizzazione in conformità alle norme antinfortunistiche.
Sul punto, la corte territoriale, con motivazione dotata di adeguata linearità sul piano logico e del tutto conseguente in termini argomentativi, ha ragionevolmente ascritto alla posizione funzionale assunta dal P. (coordinatore per la sicurezza in fase di esecuzione) la concreta sussistenza di precisi doveri d’iniziativa e di responsabilità, sul piano della conoscenza effettiva dei processi lavorativi in corso e dei necessari accorgimenti funzionali alla preservazione della tutela delle condizioni di salute e di sicurezza dei lavoratori impegnati nelle lavorazioni riguardanti l’appalto oggetto dell’odierno giudizio. Giova, sul punto, osservare come, secondo il consolidato insegnamento della giurisprudenza di legittimità, diversamente da quanto sostenuto dal ricorrente, in tema di prevenzione antinfortunistica, al coordinatore per l’esecuzione dei lavori non è assegnato esclusivamente il compito di organizzare il lavoro tra le diverse imprese operanti nello stesso cantiere, bensì anche quello di vigilare sulla corretta osservanza da parte delle stesse delle prescrizioni del piano di sicurezza e sulla scrupolosa applicazione delle procedure di lavoro a garanzia dell’incolumità dei lavoratori (Cass., Sez. 4, n. 27442/2008, Rv. 240961; Cass., Sez. 4, n. 32142/2011, Rv. 251177), spettando al coordinatore per l’esecuzione dei lavori la titolarità di un’autonoma posizione di garanzia che, nei limiti degli obblighi specificamente individuati dalla legge, si affianca a quelle degli altri soggetti destinatali delle norme antinfortunistiche (Cass., Sez. 4, n. 38002/2008, Rv. 241217; Cass., Sez. 4, n. 18472/2008, Rv. 240393), e comprende, non solo l’istruzione dei lavoratori sui rischi connessi alle attività lavorative svolte e la necessità di adottare tutte le opportune misure di sicurezza, ma anche la loro effettiva predisposizione, nonchè il controllo continuo ed effettivo sulla concreta osservanza delle misure predisposte al fine di evitare che esse siano trascurate o disapplicate, nonchè, infine, il controllo sul corretto utilizzo, in termini di sicurezza, degli strumenti di lavoro e sul processo stesso di lavorazione (Cass., Sez. 4, n. 46820/2011, Rv. 252139).
Il coordinatore per l’esecuzione dei lavori è dunque tenuto a verificare, attraverso un’attenta e costante opera di vigilanza, l’eventuale sussistenza di obiettive situazioni di pericolo nel cantiere (Cass., Sez. 4, n. 46820/2011, ult. cit.), e tanto, in relazione a ciascuna fase dello sviluppo dei lavori in corso di esecuzione (Cass., Sez. 4, n. 32142/2011, cit.).
Nel caso di specie, la corte ha logicamente tratto, dall’accettata avvenuta acquisizione della conoscenza, da parte dell’imputato, della necessità di procedere all’esecuzione di lavorazioni all’interno del vano ascensore aperto all’interno del fabbricato in corso di costruzione, l’insorgenza dello specifico dovere, riferibile alla sua posizione funzionale, di provvedere all’immediata adozione di tutte le cautele concretamente necessarie a impedire che l’esecuzione di attività lavorative all’interno di tale vano potesse costituire un potenziale pericolo per l’incolumità dei lavoratori ivi coinvolti. In modo del tutto conseguente e congruo sul piano logico, la corte territoriale ha quindi escluso che l’avvenuta realizzazione, da parte dello stesso lavoratore infortunato, delle impalcature precariamente e inappropriatamente realizzate in corrispondenza dei piani interni al vano ascensore, valesse ad assolverlo dal dovere di rispondere, in termini reattivi, dei doveri immediatamente riferiti ai propri compiti funzionali.
Devono, quindi, ritenersi del tutto privi di fondamento i motivi di censura su tali punti illustrati dal ricorrente, dovendo ritenersi pienamente corretta, tanto sul piano dell’interpretazione delle norme applicate (e segnatamente del D.Lgs. n. 494 del 1996, art. 5, comma 1, lett. a), anche sotto il profilo della correlazione tra l’accusa prospettata e la decisione assunta dal giudice del merito), quanto su quello della correttezza logica del ragionamento, l’affermazione della corte territoriale che, una volta accertata la conoscenza, da parte dell’imputato, della necessità di esecuzione di lavorazioni all’interno del vano ascensore de quo, ha riconosciuto la responsabilità di quest’ultimo nel non aver immediatamente provveduto al preventivo controllo dell’avvenuto adempimento di tutte le prescrizioni cautelari imposte ai fini della garanzia delle sicurezza per la salute e l’integrità dei lavoratori.
3.2. – Il terzo motivo di ricorso è infondato.
Con riguardo alla posizione del T., la corte territoriale ha correttamente fatto applicazione dei principi dettati da questa corte di legittimità, ai sensi dei quali, in tema di prevenzione degli infortuni sul lavoro, mentre in capo al datore di lavoro incombe l’obbligo di predisporre le idonee misure di sicurezza, nonchè quelli di impartire le direttive da seguire a tale scopo e di controllarne costantemente il rispetto da parte dei lavoratori (Cass., Sez. 4, n. 34747/2012, Rv. 253513), nel caso di prestazioni lavorative eseguite in attuazione di un contratto d’appalto, al committente è ascritta la piena corresponsabilità con l’appaltatore per le violazioni delle misure prevenzionali e protettive sulla base degli obblighi sullo stesso incombenti ai sensi di legge (Cass., Sez. 3, n. 1825/2008, Rv. 242345), con la conseguenza che la responsabilità dell’appaltatore non esclude quella del committente, da ritenersi corresponsabile unitamente al primo, qualora l’evento si ricolleghi causalmente ad una sua omissione colposa (Cass., Sez. 4, n. 37840/2009, Rv. 245275).
Con particolare riguardo alle previsioni di cui al D.Lgs. n. 494 del 1996, art. 6, comma 2, il committente (unitamente al responsabile dei lavori) è chiamato a verificare l’adempimento da parte dei coordinatori degli obblighi di assicurare e di verificare il rispetto, da parte delle imprese esecutrici e dei lavoratori autonomi, delle disposizioni contenute nel piano di sicurezza e di coordinamento, nonchè la corretta applicazione delle procedure di lavoro. Da ciò conseguendo che al committente (così come al responsabile dei lavori) è attribuito dalla legge un compito di verifica non meramente formale, bensì una posizione di garanzia particolarmente ampia, comprendente l’esecuzione di controlli sostanziali e incisivi su tutto quel che concerne i temi della prevenzione, della sicurezza del luogo di lavoro e della tutela della salute del lavoratore, accertando, inoltre, che i coordinatori adempiano agli obblighi sugli stessi incombenti in detta materia (Cass., Sez. 4, n. 14407/2011, Rv. 253294). Tali premesse inducono a escludere che la corte territoriale sia incorsa nella violazione di legge censurata dal ricorrente, avendo la stessa correttamente ascritto alla posizione del T. l’inosservanza dell’obbligo di vigilare sul corretto adempimento degli obblighi cautelari da parte dell’impresa esecutrice, il cui rispetto avrebbe consentito di rilevare la situazione di pericolo creata attraverso la realizzazione, da parte del lavoratore infortunato, dei piani di lavoro all’interno del vano ascensore, eventualmente scongiurandola, in tal senso indiscutibilmente ponendosi in termini di immediata e diretta relazione causale con l’infortunio verificatosi.
4. – Al riscontro dell’infondatezza dei motivi di doglianza avanzati dai ricorrenti segue il rigetto del ricorso e la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
la Corte Suprema di Cassazione, rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 28 marzo 2013.