Presidente Zecca – Relatore Serrao
Fatto
1. La Corte di Appello di Brescia ha confermato, con pronuncia emessa in data 11/12/2013, la sentenza di condanna pronunciata nei confronti di C.D. dal Giudice dell’udienza preliminare presso il Tribunale di Brescia in data 7/04/2012 in relazione al reato di omicidio colposo aggravato dalla violazione di norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro commesso in (omissis).
2. L’infortunio era stato così ricostruito dai giudici di merito: la Ferriera V. s.p.a. aveva commissionato alla Siemens Vai Metals Tecnologies s.r.l. la realizzazione di un nuovo impianto di laminazione, che la Siemens s.r.l. aveva appaltato alla Somin s.r.l., la quale a sua volta aveva subappaltato i lavori alla M.M. Montaggi Industriali per la parte meccanica ed alla C.V.S. Montaggi s.r.l. per la parte idraulica, mentre la realizzazione dell’automazione dell’impianto era affidata alla Automazioni Industriali Capitanio s.p.a.; al momento dell’infortunio erano state realizzate tutte le opere edili, quelle meccaniche ed idrauliche e l’automazione era in fase di completamento, mentre non risultavano realizzate le installazioni di sicurezza; l’impianto era funzionante ma non produttivo e gli organi lavoratori e trasferitori, benché privi di protezione, erano azionabili; la messa a punto dell’impianto richiedeva una serie di prove di funzionamento; il lavoratore deceduto, I.G. , era dipendente della C.V.S. Montaggi s.r.l. ed era stato incaricato insieme ad un collega, da un dipendente della Siemens Vai s.r.l., di cambiare un tubo di gomma sotto la piattaforma del macchinario di formazione fasci; mentre eseguiva tale intervento, la macchina era stata messa in funzione e lo aveva schiacciato contro una base in ferro posta sopra la sua testa, causandone il decesso.
3. All’imputato era ascritto, in qualità di coordinatore della sicurezza in fase di esecuzione nominato dalla Ferriera V. s.p.a., di aver omesso nel Piano di Sicurezza e Coordinamento indicazioni specifiche circa la fase di prove tecniche di impianto e di non aver previsto, per la fase di messa a punto dell’impianto, particolari disposizioni e dispositivi di prevenzione e di tutela rispetto ai rischi di infortunio benché, in quella fase, l’impianto non disponesse ancora di un sistema di protezione collettiva dei lavoratori, non fossero state messe in atto misure di sicurezza oggettive e collettive a tutela dei lavoratori, non fosse stata predisposta segregazione delle aree interessate alle prove, non vi fossero segnali che indicassero l’effettuazione delle prove, tanto meno segnali di avvertimento del pericolo, non fosse prevista, né in essere, sorveglianza degli accessi alle aree coinvolte dalle prove, basandosi il sistema di protezione dei lavoratori adottato solamente sul coordinamento delle operazioni, sulla comunicazione verbale e su una verifica visiva dell’area interessata, effettuata alle ore 14:00 e non più presidiata; nel capo di imputazione si rimproverava all’imputato, posto che il POS della subappaltatrice C.V.S. Montaggi s.r.l. non conteneva indicazioni relative al coordinamento delle fasi esecutive dell’opera, altresì di aver omesso, nelle riunioni di coordinamento con le imprese interessate, di concordare un protocollo operativo condiviso per la gestione della messa in esercizio dell’impianto, in raccordo con la direzione dei lavori e, in particolare, di fornire ai lavoratori della ditta CVS Montaggi s.r.l. nozioni adeguate circa le figure di riferimento per i lavori ancora da realizzare e per i relativi comportamenti da tenere in cantiere, benché fosse previsto nel piano operativo della società Siemens che quest’ultima, tramite il proprio responsabile di cantiere e la collaborazione del consulente esterno, curasse il coordinamento tra le ditte subappaltatrici operanti in cantiere ed i rapporti con la direzione lavori e con il coordinatore del committente, così provocando un tale difetto di coordinamento e di comunicazione che, nonostante fossero previste e concordate, tra la ferriera committente e l’appaltatrice, per il 13 ottobre 2008 con inizio alle 14:00, le prime prove a caldo dell’intero impianto, che operai della CVS Montaggi s.r.l., tra cui l’infortunato, ricevessero la disposizione di sostituire due tubi di ingranaggio posti sotto la placca di evacuazione a valle della cesoia, dove era poi avvenuto l’infortunio, in luogo non visibile dalla cabina di comando dalla quale era stato attivato l’impianto.
4. C.D. ricorre per cassazione censurando la sentenza impugnata con unico motivo per erronea applicazione dell’art. 88 (rectius 89) lett. a) e dell’All. X d. lgs. 9 aprile 2008, n. 81, che definiscono il cantiere temporaneo o mobile, e per inosservanza di norme giuridiche con riferimento all’efficacia del d. lgs. 27 gennaio 2010, n. 17, entrato in vigore in epoca successiva al fatto. Secondo il ricorrente i giudici di merito avrebbero erroneamente interpretato l’art. 89, comma 1, lett. a) e l’All. X d.lgs. n. 81/2008 ritenendo che la posizione di garanzia del coordinatore della sicurezza nella fase di esecuzione perdurasse anche dopo la cessazione del cantiere temporaneo o mobile da lui coordinato. Posto che tutte le attività lavorative elencate nell’All. X devono ritenersi assoggettate alla disciplina del Titolo IV del d. lgs. n. 81/2008 solo laddove vengano svolte all’interno di un cantiere edile o di genio civile, nel caso concreto sono state erroneamente ricomprese nel perimetro del cantiere temporaneo o u mobile anche le attività di taratura dell’impianto effettuate dopo la conclusione dei lavori edili o di ingegneria civile. Tutti gli interventi sull’impianto di laminazione da realizzare dopo la fine dei lavori edili, si assume, rientravano nella disciplina del luogo di lavoro fisso rappresentata dall’art. 26 d. lgs. n. 81/2008, a norma del quale il committente assume la direzione di tutte le lavorazioni strettamente connesse allo svolgimento del ciclo produttivo, estranee al cantiere temporaneo o mobile e quindi alle competenze del coordinatore della sicurezza in fase esecutiva. Nel ricorso si lamenta anche la violazione del precetto normativo integrativo della norma sanzionatoria nel punto in cui la Corte ha citato il testo della Direttiva macchine di cui al d. lgs. n. 17/2010, nonostante il fatto sia accaduto in epoca antecedente all’entrata in vigore di tale normativa.
5. All’odierna udienza la parte civile ha depositato conclusioni scritte e nota spese.
Diritto
1. Il ricorso è infondato.
2. La sentenza di primo grado ha enunciato i seguenti argomenti a sostegno della ritenuta attualità della posizione di garanzia del C. al momento dell’infortunio: l’attività di posa e regolazione delle tubazioni ed opere idrauliche era oggetto dell’appalto in quanto parte del revamping (ossia dell’intervento di ristrutturazione generale) dell’impianto di laminazione perché l’opera di ammodernamento di un impianto può dirsi completata solo ove lo stesso sia di nuovo idoneo al funzionamento, previo collaudo; nel programma cronologico di svolgimento dei lavori erano chiaramente indicate le date in cui erano previste le prove a caldo dell’impianto; le prove a caldo sono logicamente distinte dal collaudo, che avrebbe dovuto seguire entro quindici giorni dal termine delle prime; il contenuto del POS della Siemens Vai Metals Tecnologies s.r.l. rendeva evidente come l’incarico del C. si dovesse esplicare non solo con riguardo alle opere edili ma anche con riferimento a quelle idrauliche ed elettriche; il contenuto del verbale della riunione di coordinamento del 2 settembre 2008 evidenziava come l’imputato si ingerisse non solo nella gestione delle opere edili ma anche nel coordinamento delle stesse con le altre opere in corso, con previsione anche della messa in esercizio della macchina.
2.1. Riportata nel testo della pronuncia qui impugnata la parte saliente della sentenza di primo grado, la Corte di Appello ha ulteriormente sviluppato tale punto, in replica alle analitiche e puntuali osservazioni mosse nell’atto di gravame, ritenendo che al momento dell’infortunio il cantiere temporaneo e mobile fosse ancora in essere sulla base delle seguenti argomentazioni: per quanto fossero state già realizzate le strutture edili, dovevano ritenersi inquadrabili tra i lavori propri del cantiere temporaneo o mobile anche i lavori di installazione di impianti di tipo idraulico ed elettrico, necessari per il successivo svolgimento dell’attività produttiva della Ferriera V.; tali lavori non potevano dirsi terminati fintantoché vi fossero in cantiere operai di varie ditte ancora impegnati in messe a punto di quegli impianti ed in verifiche del loro funzionamento; dovevano ancora essere eseguite le prove di funzionamento a freddo e a caldo, preliminari al collaudo, e neppure erano stati installati gli impianti di sicurezza; l’impianto non poteva, pertanto, definirsi idoneo al funzionamento in quanto con tale locuzione s’intende un impianto pronto per l’ordinaria utilizzazione da parte dell’impresa committente; non vi era stata alcuna comunicazione di fine lavori alla committente da parte dell’impresa affidataria né di cessazione del C. dall’incarico ricevuto; lo stesso imputato mai aveva allegato tale circostanza, non desumibile dalla sua assenza dal cantiere tra la fine di settembre ed il giorno dell’infortunio; il contenuto del Piano di Sicurezza e Coordinamento non autorizzava a concludere che la cessazione del cantiere coincidesse con i cosiddetti “inghisaggi” (con tale termine intendendosi l’ancoraggio del macchinario alle strutture in cemento armato) in quanto in quel documento si faceva espresso riferimento a lavorazioni cronologicamente e logicamente successive ai progetti integrativi, quali i montaggi degli impianti; nel POS di Siemens Vai erano comprese le prove a freddo e a caldo e di collaudo; a norma dell’art. 2, comma 2, lett. m) d. lgs. n. 17/2010 l’istallazione di un impianto può considerarsi conclusa quando quest’ultimo viene messo in servizio; l’intervento del C. alla riunione di coordinamento del 2 settembre costituiva elemento di segno contrario alla tesi difensiva, in quanto in quella sede si era espressamente parlato della fase di messa in esercizio delle macchine e di ciò che si riteneva necessario effettuare in quel frangente sotto il profilo della sicurezza.
2.2. A fronte di una motivazione che si presenta particolarmente analitica nell’indicare le ragioni per le quali il giudice di merito ha ritenuto che l’infortunio si sia verificato quando il cantiere temporaneo era ancora in essere, nel ricorso si sviluppa l’argomento secondo il quale il campo di applicazione della cosiddetta Direttiva Cantieri (oggi confluita nel Titolo IV del d. lgs. n. 81/2008) concerne i soli impianti tecnologici asserviti ad opere edili o di genio civile e non anche gli impianti connessi alla produzione industriale, agricola o servizi, da ciò desumendo che la pacifica conclusione delle opere edili sarebbe, nel caso concreto, indicativa della cessazione della posizione di garanzia del coordinatore; per l’esecuzione dei lavori.
3. Giova ricordare che i compiti e la funzione normativamente attribuiti a tale figura risalgono all’entrata in vigore del d.lgs. 14 agosto 1996, n. 494 (di attuazione della Direttiva 92/57/CEE) – nell’ambito di una generale e più articolata ridefinizione delle posizioni di garanzia e delle connesse sfere di responsabilità correlate alle prescrizioni minime di sicurezza e di salute da attuare nei cantieri temporanei o mobili – a fianco di quella del committente, allo scopo di consentire a quest’ultimo di delegare, a soggetti qualificati, funzioni e responsabilità di progettazione e coordinamento, altrimenti su di lui ricadenti, implicanti particolari competenze tecniche. La definizione dei relativi compiti e della connessa sfera di responsabilità discende, pertanto, da un lato, dalla funzione di generale, alta vigilanza che la legge demanda allo stesso committente, dall’altro dallo specifico elenco, originariamente contenuto nell’art. 5 d. lgs. 14 agosto 1996, n. 494 ed attualmente trasfuso nell’art. 92 d. lgs. n. 81/2008, a mente del quale il coordinatore per l’esecuzione è tenuto a verificare, con opportune azioni di coordinamento e controllo, l’applicazione, da parte delle imprese esecutrici e dei lavoratori autonomi, delle disposizioni loro pertinenti contenute nel Piano di Sicurezza e di Coordinamento (P.S.C.) e la corretta applicazione delle relative procedure di lavoro; a verificare l’idoneità del Piano Operativo di Sicurezza (P.O.S.), assicurandone la coerenza con il P.S.C., che deve provvedere ad adeguare in relazione all’evoluzione dei lavori ed alle eventuali modifiche intervenute, valutando le proposte delle imprese esecutrici dirette a migliorare la sicurezza in cantiere; a verificare che le imprese esecutrici adeguino, se necessario, i rispettivi P.O.S.; ad organizzare tra i datori di lavoro, ivi compresi i lavoratori autonomi, la cooperazione ed il coordinamento delle attività nonché la loro reciproca informazione; a verificare l’attuazione di quanto previsto negli accordi tra le parti sociali al fine di realizzare il coordinamento tra i rappresentanti della sicurezza finalizzato al miglioramento della sicurezza in cantiere; a segnalare, al committente o al responsabile dei lavori, le inosservanze alle disposizioni degli artt. 94, 95, 96 e 97, comma 1, e alle prescrizioni del P.S.C., proponendo la sospensione dei lavori, l’allontanamento delle imprese o dei lavoratori autonomi dal cantiere, o la risoluzione del contratto in caso di inosservanza; a dare comunicazione di eventuali inadempienze alla Azienda Unità Sanitaria Locale e alla Direzione Provinciale del Lavoro territorialmente competenti; a sospendere, in caso di pericolo grave e imminente, direttamente riscontrato, le singole lavorazioni fino alla verifica degli avvenuti adeguamenti effettuati dalle imprese interessate.
3.1. Appare, dunque, chiaro che il coordinatore per l’esecuzione riveste un ruolo di vigilanza che riguarda la generale configurazione delle lavorazioni e non la puntuale e stringente vigilanza, momento per momento, demandata alle figure operative, ossia al datore di lavoro, al dirigente, al preposto (Sez. 4, n. 443 del 17/01/2013, Palmisano, Rv. 255102; Sez. 4, n. 18149 del 21/04/2010, Cellie, Rv. 247536; Sez. 4, n. 1490 del 20/11/2009, dep. 2010, Fumagalli, non massimata sul punto). Ed è proprio in relazione al primario compito di coordinamento delle attività di più imprese nell’ambito di un medesimo cantiere, normativamente attribuito a tale figura professionale, che deve trovare fondamento la definizione della sua posizione di garanzia nel cantiere temporaneo o mobile come positivizzata nell’art. 89, comma 1, lett. a) d. lgs. n.81/2008.
3.2. Secondo tale norma, per cantiere temporaneo o mobile s’intende qualunque luogo in cui si effettuano lavori edili o di ingegneria civile il cui elenco e1 riportato nell’All. X, ossia qualunque luogo in cui si effettuano lavori di costruzione, manutenzione, riparazione, demolizione, conservazione, risanamento, ristrutturazione o equipaggiamento; la trasformazione, il rinnovamento o lo smantellamento di opere fisse, permanenti o temporanee, in muratura, in cemento armato, in metallo, in legno o in altri materiali, comprese le parti strutturali delle linee elettriche e le parti strutturali degli impianti elettrici, le opere stradali, ferroviarie, idrauliche, marittime, idroelettriche e, solo per la parte che comporta lavori edili o di ingegneria civile, le opere di bonifica, di sistemazione forestale e di sterro; gli scavi, ed il montaggio e lo smontaggio di elementi prefabbricati utilizzati per la realizzazione di lavori edili o di ingegneria civile.
3.3. Come è evidente, la lettera della legge non autorizza a ritenere che il cantiere temporaneo o mobile debba considerarsi concluso, e che sia correlativamente esaurita la posizione di garanzia del coordinatore per l’esecuzione, allorché siano terminate le opere edili in senso stretto, ponendosi tale interpretazione in contrasto tanto con la pluralità delle lavorazioni che, ordinariamente, afferiscono ai cantieri in cui si eseguono lavori edili, e che sono agli stessi funzionali, quanto con la necessità di garantire la massima sicurezza dei lavoratori legata al coordinamento delle diverse attività lavorative per tutto il tempo necessario a consentire la completa esecuzione dell’opera, ancorché i lavori edili in senso stretto siano stati terminati in un momento antecedente.
3.4. Ciò che mantiene operante la posizione di garanzia del coordinatore per l’esecuzione non può essere tanto il mancato completamento delle attività inerenti ai lavori edili o di ingegneria civile propriamente detti, quanto piuttosto la persistenza di ulteriori fasi di lavorazione proprie dell’attività di cantiere nel suo complesso. L’esecuzione di lavori edili o di ingegneria civile giova, in altre parole, a connotare, in ragione del tipo di attività che ivi si svolge, il cantiere temporaneo o mobile, ma non è sufficiente a definire anche i limiti spaziotemporali di tale cantiere, diversamente correlati al perfezionamento di tutte le fasi di lavorazione, anche successive ai lavori edili o di ingegneria civile in senso stretto, funzionali al collaudo ed alla consegna dell’opera.
3.5. L’interpretazione della norma suggerita nel ricorso muove, peraltro, da una premessa di fatto che non trova corrispondenza nelle emergenze istruttorie riportate nelle sentenze di merito, sostenendosi che l’impianto idraulico al quale era adibito il lavoratore infortunato dovesse ritenersi connesso alla produzione industriale piuttosto che asservito ad opere edili o di genio civile e che, pertanto, le sue mansioni esulassero dalle attività del cantiere temporaneo o mobile coordinato dall’imputato. La Corte territoriale ha, in proposito, precisato che i lavori non potevano dirsi terminati fintantoché vi fossero in cantiere operai di varie ditte ancora impegnati in messe a punto degli impianti idraulico ed elettrico ed in verifiche del loro funzionamento; che dovevano ancora essere eseguite le prove di funzionamento a freddo e a caldo, preliminari al collaudo, e neppure erano stati installati gli impianti di sicurezza; che l’impianto non poteva, pertanto, definirsi idoneo al funzionamento in quanto con tale locuzione s’intende un impianto pronto per l’ordinaria utilizzazione da parte dell’impresa committente.
4. Alla luce del principio interpretativo in precedenza esposto risulta, dunque, infondato l’assunto in base al quale su C.D. non incombesse alcun obbligo di garanzia in ragione del fatto che le opere edili fossero terminate e che, con esse, fosse cessato il cantiere temporaneo da lui coordinato, posto che l’opera alla cui realizzazione il cantiere era preordinato non era stata consegnata al committente e nel cantiere si dovevano ancora svolgere attività di regolazione degli impianti strumentali alle prove di funzionamento, a loro volta preliminari al collaudo. Non risulta, peraltro, idoneo a scardinare la legittimità del provvedimento impugnato il riferimento ad una normativa sopravvenuta al fatto (d. lgs. n. 17/2010), contenuto nella sentenza al solo fine dialettico di rafforzare gli argomenti addotti a sostegno di una determinata interpretazione della normativa in vigore all’epoca dell’infortunio.
5. L’infondatezza del ricorso ne comporta il rigetto nonché, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonché alla rifusione delle spese sostenute dalla costituita parte civile I.D.O. , liquidate come in dispositivo.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali nonché alla rifusione delle spese sostenute per questo giudizio di Cassazione e liquidate in favore della parte civile in Euro 2.500,00 oltre accessori come per legge.