Cassazione Penale, Sez. 4, 07 maggio 2015, n. 19131 – Caduta mortale di un operaio apprendista. Responsabilità di un coordinatore per l’esecuzione

Responsabilità di un coordinatore per l’esecuzione per infortunio mortale durante i lavori in cantiere: la vittima, operaio apprendista, è precipitato da un’altezza di sette metri dal suolo mentre era intento, in ora serale, priva di luce naturale (l’area di lavoro era stata precariamente illuminata da un faro) e senza esser munito di cintura di sicurezza, a realizzare la pavimentazione di un angusto terrazzino privo dei parapetti. E’ pacificamente da tutti ammesso, quindi, che la mortale caduta del lavoratore è stata determinata dalle condizioni in cui lo stesso lavorava, ad alto rischio di precipitazione a causa, in particolare, dell’assenza dei parapetti.

Osserva la Corte che il riferimento normativo è rappresentato, quanto ai compiti ed ai doveri del coordinatore per la esecuzione dei lavori, dall’art. 5 del d.l.vo n. 494/96 (sostanzialmente riprodotto nell’art. 92 del T.U. per la sicurezza del lavoro), che ad esso attribuisce compiti specifici e precisi obblighi, che lo indicano quale titolare di un’autonoma posizione di garanzia, che si affianca a quelle degli altri soggetti destinatari della normativa antinfortunistica e che ad esso affidano, oltre a compiti organizzativi, di coordinamento e di collegamento tra le diverse imprese nella realizzazione dell’opera, anche doveri di vigilanza. In particolare, per quanto qui interessa, al coordinatore per l’esecuzione dei lavori è attribuito, tra gli altri, il compito di verificare l’idoneità del piano operativo di sicurezza e di assicurarne la coerenza rispetto al piano di sicurezza e coordinamento, di adeguare il piano in relazione all’evoluzione dei lavori ed alle eventuali modifiche intervenute, verificando che le imprese esecutrici adeguino i rispettivi POS; ed ancora, di vigilare sulla corretta osservanza, da parte delle imprese, delle disposizioni concernenti i temi della sicurezza e sulla scrupolosa applicazione delle procedure di lavoro, a garanzia dell’incolumità dei lavoratori.
Si tratta, quindi, anche di compiti definiti di “alta vigilanza” che, seppur non implicano necessariamente una continua presenza nel cantiere, devono tuttavia esercitarsi in maniera attenta e scrupolosa e riguardare tutte le lavorazioni in atto, specie quelle che pongono maggiormente a rischio l’incolumità dei lavoratori. A tali compiti, la legge affianca specifici poteri di segnalazione al committente o al responsabile dei lavori di eventuali inosservanze, previa contestazione alle imprese ed ai lavoratori autonomi interessati; poteri che giungono fino alla sospensione delle lavorazioni nel caso di pericolo grave ed imminente.

La Corte conclude dunque che l’odierno ricorrente non ha affatto adempiuto ai suoi doveri di controllo e di vigilanza avendo omesso di verificare l’esatto rispetto di elementari norme di sicurezza, palesemente e clamorosamente violate, laddove, non solo mancavano i parapetti delle terrazze degli appartamenti ma anche quelli delle scale; mentre le stesse bocche di lupo erano prive di coperture e costituivano, quindi, delle vere e proprie trappole. Trappole dalle quali non ha trovato scampo l’operaio rimasto ucciso.


Presidente Sirena – Relatore Foti

Fatto

-1- Con sentenza del giudice monocratico del Tribunale di Treviso, del 12 luglio 2012, B.A. è stato ritenuto colpevole del delitto di omicidio colposo commesso, con violazione delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro, in pregiudizio di D.L. F.. All’affermazione di responsabilità è seguita la condanna dell’imputato, riconosciute le circostanze attenuanti generiche con giudizio di equivalenza rispetto all’aggravante contestata, alla pena, sospesa alle condizioni di legge, di nove mesi di reclusione, nonché al risarcimento del danno in favore delle costituite parti civili.
Secondo l’accusa, condivisa dal tribunale, l’imputato, nella sua qualità di coordinatore per la sicurezza nella fase di esecuzione dei lavori con riguardo al cantiere edile sito in Ru di Biadene di Montebelluna, interessato alla realizzazione di alcuni fabbricati, aveva cagionato, per colpa generica e specifica, in cooperazione colposa con altri soggetti, separatamente giudicati, la morte del D.L., dipendente della ditta “P.”, di cui era titolare C.E..
Era avvenuto, in particolare, che nel corso dei lavori di pavimentazione del terrazzino esterno di uno degli appartamenti del complesso edilizio, il D.L. era precipitato al suolo da un’altezza di circa sette metri, rimanendo ucciso.
Si accertava che tali lavori la vittima, operaio apprendista, stava eseguendo da solo, intorno alle ore 18, alla luce di un faro appositamente installato, senza essere munito di cintura di sicurezza, in una postazione che presentava notevoli rischi, non tanto per l’angustia degli spazi, quanto per la totale assenza di parapetti di protezione, che rendeva estremamente precaria la postazione lavorativa e ad alto rischio di precipitazione il lavoratore.
Al B., designato dalla committenza (E. s.r.l.) coordinatore per l’esecuzione dei lavori, è stato addebitato, in particolare – in un contesto cantieristico nel quale, non solo le terrazze di tutti gli appartamenti erano prive di parapetti, ma anche le scale interne prive di protezioni e le stesse fosse delle bocche di lupo prive di coperture – di non avere vigilato sulla corretta osservanza, da parte delle imprese impegnate nel cantiere, delle norme di sicurezza, di non avere verificato l’effettiva realizzazione di misure idonee ad evitare il rischio di cadute dall’alto, di non essere intervenuto per eliminare tali eclatanti condizioni di rischio, per segnalarne formalmente l’esistenza al committente, per pretendere la immediata realizzazione dei parapetti prima che si desse avvio ai lavori di pavimentazione delle terrazze e per sospenderli, se avviati, in vista delle evidenti condizioni di rischio in cui essi venivano svolti.
-2- Su appello proposto dall’imputato, la Corte d’Appello di Venezia, con sentenza del 1 luglio 2013, ha confermato la decisione del primo giudice.
-3- Avverso detta sentenza propone ricorso il B., che deduce: A) Violazione dell’art. 5 del D.L. n. 494/1996.
Premesso che la responsabilità dell’imputato era stata affermata sul presupposto che lo stesso fosse a conoscenza della mancata installazione dei parapetti di protezione, si sostiene nel ricorso la erroneità di tale presupposizione, siccome correlata al lavoro eseguito estemporaneamente il giorno dell’infortunio dalla ditta “P.”. Si sostiene inoltre che, secondo il disposto della norma sopra richiamata, al coordinatore per l’esecuzione dei lavori spettano solo compiti di vigilanza, di segnalazione di eventuali inosservanze di norme che stabiliscono misure generali di tutela, ovvero obblighi per i lavoratori autonomi o per i datori di lavoro, di sospensione delle lavorazioni in caso di pericolo grave ed imminente, direttamente riscontrato, di comunicazione di eventuali inadempienze, non anche compiti di intervento materiale ed esecutivo, di diretta adozione di accorgimenti, protezioni, soluzioni per eliminare rischi e mettere in sicurezza i luoghi di lavoro. Tale compito essendo dalla legge riservato ai datori di lavoro ed ai suoi collaboratori.
Dunque impropria sarebbe la contestazione, riportata nel capo d’imputazione, di “avere consentito al lavoratore” di lavorare senza che fossero predisposte misure idonee a prevenire cadute dall’alto.
B) Vizio di motivazione della sentenza impugnata, laddove la corte territoriale non ha considerato che l’imputato aveva disposto la progressione dei lavori secondo tempi e modalità tali da consentirne l’esecuzione in piena sicurezza. In particolare, sostiene il ricorrente che alla pavimentazione delle terrazze avrebbe dovuto procedersi dopo che erano stati forniti ed installati i parapetti e che nessuno lo aveva preavvertito delle consegna delle piastrelle la sera del 15 novembre. In sostanza, l’imputato non era stato avvertito da nessuno, né dal committente né dal datore di lavoro della vittima che i lavori sarebbero iniziati il giorno 16, laddove era stato previsto che i lavori di pavimentazione delle terrazze avrebbero dovuto iniziare solo dopo la realizzazione dei parapetti. Di guisa che, se la procedura temporale prevista fosse stata rispettata, l’infortunio non si sarebbe verificato. Di ciò la corte territoriale non ha inteso, immotivatamente, prendere atto, così come non ha preso atto del fatto che da parte dell’appaltatore e del committente vi era stata la volontaria elusione della vigilanza del coordinatore per l’esecuzione.

Diritto

Il ricorso è infondato.
-1- La ricostruzione delle modalità dell’infortunio e le cause dello stesso non sono oggetto di contestazione, per cui deve darsi per pacificamente accertato che il D.L. è precipitato da un’altezza di sette metri dal suolo mentre era intento, in ora serale, priva di luce naturale (l’area di lavoro era stata precariamente illuminata da un faro) e senza esser munito di cintura di sicurezza, a realizzare la pavimentazione di un angusto terrazzino privo dei parapetti. E’ pacificamente da tutti ammesso, quindi, che la mortale caduta del lavoratore è stata determinata dalle condizioni in cui lo stesso lavorava, ad alto rischio di precipitazione a causa, in particolare, dell’assenza dei parapetti.
-2- Incontestato è, altresì il ruolo svolto nel cantiere dal B., in quanto designato dalla ditta committente (“E. s.r.l.”) coordinatore per la sicurezza nella fase di esecuzione dei lavori. Ruolo che ha comportato l’assunzione, da parte dell’imputato, di una specifica posizione di garanzia nei confronti dei lavoratori e di quanti fossero presenti in cantiere; posizione che la legge individua e descrive e che si aggiunge a quella di altre figure professionali, prima tra tutte, quella del datore di lavoro.
-3- Tanto precisato, osserva la Corte che il riferimento normativo è rappresentato, quanto ai compiti ed ai doveri del coordinatore per la esecuzione dei lavori, dall’art. 5 del d.l.vo n. 494/96 (sostanzialmente riprodotto nell’art. 92 del T.U. per la sicurezza del lavoro), che ad esso attribuisce compiti specifici e precisi obblighi, che lo indicano, come già detto, quale titolare di un’autonoma posizione di garanzia, che si affianca a quelle degli altri soggetti destinatari della normativa antinfortunistica e che ad esso affidano, oltre a compiti organizzativi, di coordinamento e di collegamento tra le diverse imprese nella realizzazione dell’opera, anche doveri di vigilanza. In particolare, per quanto qui interessa, al coordinatore per l’esecuzione dei lavori è attribuito, tra gli altri, il compito di verificare l’idoneità del piano operativo di sicurezza e di assicurarne la coerenza rispetto al piano di sicurezza e coordinamento, di adeguare il piano in relazione all’evoluzione dei lavori ed alle eventuali modifiche intervenute, verificando che le imprese esecutrici adeguino i rispettivi POS; ed ancora, di vigilare sulla corretta osservanza, da parte delle imprese, delle disposizioni concernenti i temi della sicurezza e sulla scrupolosa applicazione delle procedure di lavoro, a garanzia dell’incolumità dei lavoratori.
Si tratta, quindi, anche di compiti definiti di “alta vigilanza” che, seppur non implicano necessariamente una continua presenza nel cantiere, devono tuttavia esercitarsi in maniera attenta e scrupolosa e riguardare tutte le lavorazioni in atto, specie quelle che pongono maggiormente a rischio l’incolumità dei lavoratori. A tali compiti, la legge affianca specifici poteri di segnalazione al committente o al responsabile dei lavori di eventuali inosservanze, previa contestazione alle imprese ed ai lavoratori autonomi interessati; poteri che giungono fino alla sospensione delle lavorazioni nel caso di pericolo grave ed imminente.
-4- Orbene, ai suoi doveri di controllo e di vigilanza non ha adempiuto l’odierno ricorrente, che, secondo quanto si sostiene nella sentenza impugnata, ha omesso di verificare l’esatto rispetto di elementari norme di sicurezza, palesemente e clamorosamente violate, laddove, non solo mancavano i parapetti delle terrazze degli appartamenti, compresa quella ove si trovava il D.L. al momento dell’incidente, ma anche quelli delle scale; mentre le stesse bocche di lupo erano prive di coperture e costituivano, quindi, delle vere e proprie trappole.
Di tali gravi e generalizzate violazioni delle norme di sicurezza l’imputato non si è minimamente curato, avendole evidentemente colposamente tollerate malgrado la loro evidenza e la loro risalenza, secondo quanto affermato dal giudice del gravame sulla base di quanto emerso dalla prova testimoniale.
L’attività di cantiere, quindi, si svolgeva, pur a prescindere dallo specifico tragico episodio che ha riguardato il D.L., in un contesto che, più che gravemente carente, era di totale spregio delle regole, almeno sotto l’aspetto della prevenzione infortunistica e della sicurezza dei lavoratori, messa fortemente a rischio dalle gravi e diffuse inadempienze riscontrate, mai rilevate né segnalate o contestate dall’imputato, che ha persino tollerato, o addirittura ignorato, che il titolare dell’impresa alle cui dipendenze lavorava la vittima non aveva neanche redatto il piano operativo di sicurezza.
In un simile contesto, non ha trovato scampo la povera vittima che, incaricata, alla luce di un faro e privo di qualsiasi presidio di sicurezza, di pavimentare un angusto terrazzino, privo di parapetto, posto a ben sette metri di altezza dal suolo, è rovinosamente precipitata giù trovando una morte inaccettabile.
-5- A fronte di così gravi e diffuse inadempienze, il ricorrente tenta di eludere le proprie responsabilità evocando, con il primo dei motivi proposti, inesistenti violazioni di legge, senza considerare che all’imputato è stato dai giudici di merito anzitutto addebitato, nell’assoluto rispetto dall’art. 5 del richiamato d.l., di non avere vigilato sulla corretta osservanza, da parte delle imprese operanti in cantiere, delle disposizioni concernenti la scrupolosa applicazione delle corrette procedure di lavoro, al fine di garantire la sicurezza del luogo di lavoro e l’incolumità dei lavoratori; e dunque di non avere preteso dall’impresa inosservante la messa in sicurezza dei luoghi, in particolare, per quanto oggi più specificamente interessa, delle terrazze alla cui pavimentazione si doveva procedere. A tale profilo di colpa avendo inoltre giustamente aggiunto gli stessi giudici il mancato rispetto degli altri doveri previsti dalla norma sopra richiamata, cioè di tempestiva contestazione alle imprese il mancato rispetto delle norme di prevenzione e sicurezza, l’omessa informazione di tale condotta al committente, la mancata assunzione di più fermi interventi al fine di rimuovere la situazione di rischio in cui operavano i lavoratori.
-6- Non ha, peraltro, omesso la corte territoriale di esaminare la difesa del B., che aveva sostenuto di avere disposto l’esecuzione dei lavori secondo tempi e modalità che consentivano lo svolgimento degli stessi in sicurezza – in particolare, che la pavimentazione delle terrazze fosse eseguita solo dopo la fornitura dei relativi parapetti – e di non essere stato preavvertito, come sarebbe emerso, a dire del ricorrente, dalle dichiarazioni rese dal teste V., dell’inizio dei lavori.
A proposito di tali considerazioni, la corte territoriale ha osservato, non solo che l’imputato era perfettamente a conoscenza dell’assenza dei parapetti – né avrebbe potuto essere diversamente, posto che tale assenza risaliva a parecchi giorni prima, secondo la testimonianza resa da Bonato Dario (dipendente di altra ditta impegnata nei lavori), richiamata dalla corte d’appello, il quale ha sostenuto che la condizione di insicurezza dei terrazzini in questione perdurava da circa tre settimane e riguardava tutti i fabbricati in corso di costruzione – ma anche che lo stesso ben sapeva che era imminente l’inizio dei lavori di pavimentazione degli stessi.
A conferma di ciò, la predetta corte ha ricordato: a) che era stato proprio il B. a sollecitare alla ditta P. (alle cui dipendenze lavorava la vittima) l’esecuzione del lavoro con un fax trasmesso il 14 novembre (due giorni prima dell’infortunio), b) che dell’arrivo in cantiere, nella serata del 15 novembre, delle piastrelle da porre in opera, lo stesso imputato era ben a conoscenza, poiché dell’imminente consegna di tale materiale lo stesso fornitore, V.C., aveva preavvertito, il giorno precedente, lo studio del B. con una telefonata, come dichiarato dallo stesso V..
Del tutto in sintonia con le emergenze probatorie, si presenta, quindi, la conclusione alla quale è pervenuto il giudice del gravame, il quale ha giustamente osservato che l’imputato, a conoscenza dell’assenza dei presidi di sicurezza e del prossimo arrivo delle piastrelle, consapevole delle difficoltà economiche del committente, a causa delle quali la fornitura e l’installazione dei parapetti non si sarebbe risolta facilmente ed entro breve termine, avrebbe dovuto attentamente vigilare – specie in un cantiere che si segnalava per la scarsa attenzione che i suoi responsabili ponevano ai temi della prevenzione e della sicurezza – e, ove necessario, immediatamente e direttamente intervenire per assicurarsi dell’effettiva avvenuta fornitura ed installazione dei parapetti, di guisa che le ulteriori fasi di piastrellatura si potessero svolgere in sicurezza. Obbligo di intervento che è stato invece del tutto trascurato dall’odierno ricorrente, che giustamente è stato indicato come uno dei responsabili del mortale incidente.
-7- Del tutto infondate sono, in conclusione, le dedotte censure, di guisa che il ricorso deve essere rigettato ed il ricorrente condannato al pagamento delle spese processuali, nonché alla rifusione delle spese sostenute nel presente giudizio dalle parti civili, che si liquidano in complessivi euro 3.000,00, oltre accessori come per legge.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonché alla rifusione delle spese sostenute nel presente giudizio dalle parti civili B.M.D. e D.L. A., che liquida in complessivi euro 3.000,00, oltre accessori come per legge.

 

(Fonte: OLYMPUS – Osservatorio per il monitoraggio permanente della legislazione e giurisprudenza sulla sicurezza del lavoro)

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