Fatto
-1- B.G. propone ricorso per cassazione avverso la sentenza della Corte d’Appello di Ancona, del 19 giugno 2012, che ha confermato la sentenza del Tribunale di Macerata, del 23 settembre 2013, che lo ha ritenuto colpevole del delitto di lesioni colpose commesse, con violazione delle norme sulla prevenzione degli infortuni sul lavoro, in pregiudizio di R.Y. dipendente della S.G. & C. s.n.c.”, appaltatrice dei lavori di ristrutturazione del complesso conventoniano di Forano di Appignano.
L’infortunio si è verificato all’interno dell’ultima stanza, contraddistinta dal n. VII, posta al primo piano del complesso, ed è stato causato dallo sprofondamento della volta sottostante sotto il peso di una trave-cornice in mattoni, posizionata sulla parete divisoria della predetta stanza confinante con il corridoio; sprofondamento che ha provocato il distacco della cornice che è andata a colpire il R.
I giudici del merito hanno ritenuto pacificamente accertato che l’incidente si era verificato a causa del mancato rispetto delle disposizioni, contenute nel PSC, concernenti il puntellamelo dei locali ove si svolgevano le opere appaltate. Il luogo di lavoro non era stato, quindi, messo in sicurezza, di guisa che, dell’infortunio patito dal lavoratore sono stati ritenuti responsabili: S.U. imputato non ricorrente, quale datore di lavoro dell’operaio infortunato, e B.G., architetto, quale coordinatore per la sicurezza nella fase di esecuzione dei lavori. Quest’ultimo, secondo gli stessi giudici, aveva omesso di verificare che fossero state concretamente rispettate le disposizioni, contenute nel piano sicurezza, relative alle opere di puntellamento delle pareti.
-2- Avverso detta sentenza ricorre, dunque, il B., che deduce:
A) Violazione degli artt. 590 cod. pen. e 5 della legge n. 494/1996, oggi trasfuso nell’art. 92 del d.lgs n. 81/2008.
Sostiene il ricorrente che il coordinatore per la sicurezza svolge, nell’ambito del cantiere, una funzione di alta vigilanza, e dunque a lui spettava di impartire disposizioni circa le modalità di esecuzione del piano, la cui concreta applicazione rimaneva poi affidata al datore di lavoro ed alle altre figure professionali operanti in cantiere. L’imputato, si sostiene ancora nel ricorso, ha svolto con precisione i compiti di alta vigilanza che la legge gli attribuisce, inerenti l’applicazione delle prescrizioni del piano, non potendosi pretendere che lo stesso fosse presente ad ogni singola fase delle lavorazioni e controllasse direttamente le modalità di puntellamento per ogni singola stanza ove i lavori si svolgevano;
B) Violazione delle stesse disposizioni di legge sotto il profilo dell’elemento psicologico della colpa.
I giudici del merito, sostiene il ricorrente, ha sostanzialmente attribuito al coordinatore una non diligente esecuzione delle attività demandategli dalla legge; orbene, soggiunge l’esponente, tali compiti vengono normalmente assolti mediante riunioni con l’impresa ed i lavoratori e visite di controllo nel cantiere, di guisa che, perché possa ritenersi sussistere una colpa da addebitare al B , la corte territoriale avrebbe dovuto verificare che, con un maggior numero di riunioni o di visite di controllo, l’infortunio non si sarebbe verificato. Nel caso di specie, la lavorazione irregolare da parte dell’operaio infortunato aveva avuto inizio poco prima dell’incidente, di guisa che avrebbe dovuto verificarsi se l’osservanza degli obblighi imposti dall’art. 5 della legge n. 494/1996 avesse consentito di interrompere per tempo le condotte pericolose sfociate nell’evento; ciò alla luce del principio secondo cui al coordinatore spettano compiti di alta vigilanza e non è tenuto, come hanno riconosciuto gli stessi giudici di merito, ad una presenza continua in cantiere. Analoghe considerazioni sono svolte nel ricorso con riguardo al dovere di vigilanza, anche alla luce di quanto emerso circa la frequenza della presenza in cantiere da parte dell’imputato, sempre rapportata agli obblighi di alta vigilanza che spettano al coordinatore.
Diritto
Il ricorso, che si articola nella previsione di due motivi, unitariamente esaminabili, è infondato.
-1- Osserva anzitutto la Corte, con riguardo al primo dei temi proposti, che, come è noto, la normativa concernente il tema della sicurezza del lavoro, nel caso di specie nell’ambito di attività lavorative svolte in un cantiere edile, individua diverse posizioni di garanzia, la principale delle quali certamente riguarda il datore di lavoro, che organizza e gestisce l’esecuzione dell’opera, ma che coinvolgono, oltre al committente, diverse figure professionali, tra le quali vi è certamente il coordinatore per la sicurezza nella fase di esecuzione dei lavori.
A tale figura professionale la legge (art. 5 d.l.vo n. 494/96, trasfuso nella legge 9.4.08 n. 81) attribuisce precisi compiti ed obblighi, che lo individuano quale titolare di una specifica ed autonoma posizione di garanzia che si affianca a quelle degli altri soggetti destinatari della normativa antinfortunistica. In particolare, per quanto qui interessa, al coordinatore per l’esecuzione dei lavori è attribuito, tra gli altri, non solo il compito di organizzare il lavoro tra le diverse imprese operanti nel cantiere e di assicurare il collegamento tra appaltatore e committente, al fine della migliore organizzazione del lavoro sotto il profilo della tutela antinfortunistica, ma anche quello di vigilare sulla corretta osservanza, da parte delle stesse imprese, delle prescrizioni del piano di sicurezza nonché sulla scrupolosa applicazione delle procedure di lavoro, a garanzia dell’incolumità dei lavoratori.
Si tratta di un compito definito di “alta vigilanza” che, seppur non necessariamente deve implicare una continua presenza nel cantiere, deve tuttavia esercitarsi in maniera attenta e scrupolosa e riguardare tutte le lavorazioni in atto, specie quelle che pongono maggiormente a rischio l’incolumità degli operatori.
Orbene, secondo il coerente argomentare dei giudici del merito, proprio ai doveri di vigilanza è venuto meno l’odierno ricorrente, laddove egli non ha adeguatamente verificato che i delicati interventi di restauro del complesso conventoniano si svolgessero nel pieno rispetto delle norme di sicurezza e delle prescrizioni contenute nello stesso piano di coordinamento. Prescrizioni che prevedevano, prima di qualsiasi intervento sulla struttura muraria, l’esecuzione di precise opere di puntellamelo delle parti interessate ai lavori. Opere rivelatesi, di fatto, insufficienti o addirittura del tutto assenti.
Il mancato rispetto di elementari ma essenziali norme di sicurezza, quali quelle omesse nel caso di specie, che ha provocato il crollo parziale della struttura ed il ferimento del R. è stato legittimamente attribuito anche alla violazione, da parte dell’imputato, dei suoi doveri di vigilanza che, in vista della delicatezza dei lavori che avrebbero dovuto eseguirsi, era tenuto alla preventiva verifica, prima che si iniziassero le opere di demolizione, dello scrupoloso rispetto delle modalità di intervento previste nel piano di sicurezza; tra tutte, principalmente, quelle che richiedevano il puntellamento delle parti a rischio di crollo.
Non vale ad escludere, o anche solo a ridimensionare, le responsabilità dell’imputato sostenere che lo stesso si recava di frequente nel cantiere, laddove si consideri che tale presenza avrebbe dovuto esser anche diretta alla verifica del rispetto, da parte dei responsabili delle imprese, delle prescrizioni previste nel piano di sicurezza. Proprio la presenza frequente in cantiere avrebbe dovuto porre il B. nelle migliori condizioni per approfondire le questioni concernenti i temi della sicurezza, non solo attraverso riunioni tra i diversi soggetti interessati, ma anche attraverso la diretta verifica del rispetto delle relative prescrizioni, specie di quelle dirette ad evitare i rischi più gravi legati all’esecuzione delle opere appaltate, come quelle concernenti, appunto, il puntellamento delle strutture murarie oggetto dell’intervento di restauro.
Né l’imputato poteva lasciare all’appaltatore l’esclusiva responsabilità di una corretta esecuzione delle opere prevenzionali; al contrario, la posizione di coordinatore per la sicurezza gli imponeva di accertarsi direttamente e costantemente, fin dalla fase iniziale dei lavori di demolizione, che fossero esattamente osservate le modalità d’intervento previste nel piano, dovendosi intendere il concetto, richiamato nel ricorso, di “alta vigilanza”, non in termini di disimpegno del coordinatore rispetto ai doveri di controllo che la legge gli attribuisce e di rimbalzo verso altre figure professionali, bensì di pieno coinvolgimento negli stessi, non in sovrapposizione, ma in aggiunta agli altri soggetti ai quali la legge attribuisce specifiche posizioni di garanzia.
E’ vero, come sostiene il ricorrente, richiamando una sentenza di questa Corte (Cass. n. 18149/10), che diverso è il ruolo che la legge attribuisce al coordinatore rispetto a quello attribuito al datore di lavoro delle imprese esecutrici dei lavori e che quello del coordinatore è indicato come “funzione di alta vigilanza che riguarda la generale configurazione delle lavorazioni, e non anche il puntuale controllo, momento per momento, delle singole attività lavorative, che è demandato ad altre figure operative (datore di lavoro, dirigente, preposto) “, ma è altresì vero che la stessa sentenza richiamata, dopo le riportate premesse, ha chiarito che per accertare se l’evento illecito coinvolga anche la responsabilità del coordinatore, occorre analizzare le caratteristiche del rischio dal quale è scaturito l’infortunio. Occorre, cioè accertare “se si tratti di un accidente contingente, scaturito estemporaneamente dallo sviluppo dei lavori, come tale affidato alla sfera di controllo del datore di lavoro o del suo preposto; o se invece l’evento stesso sia riconducibile alla configurazione complessiva, di base, della lavorazione “, ambito nel quale ai coordinatore è attribuito il compito di alta vigilanza.
Orbene, non vi è dubbio che l’infortunio patito dal R. nei termini nei quali è stato descritto dai giudici del merito, non è stato contingenza estemporanea scaturita dallo svolgersi dei lavori, bensì conseguenza dell’impropria configurazione delle modalità d’intervento nell’esecuzione degli stessi; ciò che riconduce l’evento nello specifico ambito con riguardo al quale devono esercitarsi i compiti di controllo e di “alta vigilanza” attribuiti al coordinatore.
-2- Infondate, quindi, alla stregua di quanto sopra osservato, sono anche le censure proposte nel ricorso con riguardo al tema del nesso causale, essendo del tutto evidente che, se l’imputato avesse svolto i propri compiti di vigilanza e di controllo in maniera adeguata, l’incidente non si sarebbe verificato. Egli, invero, avrebbe potuto subito intervenire e pretendere dai responsabili del cantiere la predisposizione delle più corrette modalità di esecuzione dei lavori, rispettose delle prescrizioni di sicurezza, ovvero giungere alla sospensione dei lavori, atteso l’evidente pericolo di crollo al quale le scorrette modalità di esecuzione esponevano i lavoratori.
Poco conta, peraltro, il momento in cui sono iniziati i lavori nei locali ove il crollo si è verificato. Compito dell’imputato era anche quello di prevenire i tempi delle lavorazioni, di coordinare la propria presenza con l’avvio degli stessi, per porsi nelle condizioni di verificare preventivamente la corretta esecuzione degli interventi preparatori, e dunque di puntellamento delle parti murarie a rischio di crolli, prima che si fosse dato inizio ai lavori di demolizione delle parti oggetto degli interventi di ristrutturazione.
Il ricorso deve essere, quindi, rigettato ed il ricorrente condannato al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.